tiroide: croce e delizia

ho avuto la fortuna di imparare la diagnostica ecografica tiroidea seguendo l’attività di un collega di grande esperienza; sono riuscito a creare un canale di comunicazione diretta con alcuni specialisti per cui riesco, spesso, a seguire le sorti di pazienti complessi in modo da aver anche riscontro alle ipotesi diagnostiche che si pongono, il che fa esperienza ulteriore.
Ho visto di recente una paziente, giovane, a cui avevano segnalato – in altra sede – un nodulo tiroideo; ho avuto la fortuna di visitarla in un ambulatorio dotato di ecografo ultima generazione, apparecchio di cui mi fido. 
A mio giudizio il nodulo segnalato in passato praticamente non esisteva, si trattava di un artefatto ecografico generato da una particolare forma della porzione inferiore del lobo tiroideo; ho comunicato alla paziente le conclusioni, ho anche telefonato, prima di congedarla, alla specialista endocrinologa che la segue (persona che conosco molto bene e di cui ho stima assoluta) per comunicare la mia interpretazione dei reperti e poi l’ho mandata via (per quel che ci capisco io tranquilla) consigliandole comunque di andare a visita dall’endocrinologa secondo i tempi precedentemente stabiliti.
Oggi pomeriggio ho sentito – per altri motivi – la collega che mi racconta che la tal paziente si è presentata agli ambulatori delle urgenze, pochi giorni fa, per farsi spiegare meglio dagli endocrinologi.
Grande sorpresa: parlo, spiego, telefono addirittura al curante (in tempo reale, alla presenza della paziente) per comunicare e lei cosa fa? Va a visita urgente, anticipando i tempi del controllo programmato.
Ovviamente mi chiedo (riesco a rendermi conto che magari penso di aver fatto il meglio possibile ed invece così non è): non ho comunicato abbastanza ? 
Mi conforta sentire che la collega endocrinologa non la pensa così . . .

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