Le sigle confondono pazienti e operatori e mettono a rischio sicurezza

Dopo la grafia, spesso poco comprensibile, ora finiscono ‘sotto accusa’ sigle e abbreviazioni talvolta misteriose, usate dai medici su prescrizioni e note mediche. Secondo una serie di studi internazionali, infatti, l’uso di acronimi e abbreviazioni da parte dei medici mette a rischio la salute e la sicurezza dei pazienti, moltiplicando il pericolo di errori. E se negli Stati Uniti una recente ricerca indica che il 5 per cento su 30mila errori medici analizzati (alcuni fatali) è legato proprio alle abbreviazioni, la Medical Defence Union britannica (Mdu, organizzazione non-profit leader nella difesa del personale medico) rincara la dose: sigle e acronimi possono avere più di un significato per malati e operatori sanitari, e generare confusione. Fra gli errori più comuni, spiegano i ricercatori sulla Bbc online, quelli legati ad abbreviazioni di nomi di farmaci e dosaggi. Secondo uno studio inglese, pubblicato a novembre su ‘Archives of Disease in Childhood‘, a creare numerose insidie in pediatria sono proprio le sigle. Spesso, infatti, hanno due o tre significati totalmente diversi fra loro. Risultato? Anche i pediatri sono confusi: di fronte a una serie di acronimi impiegati in pediatria i ‘medici dei piccoli’ si sono rivelati d’accordo sul significato in una percentuale di casi che varia dal 56 al 94 per cento. Non solo: altri specialisti hanno interpretato correttamente le stesse sigle solo nel 31-63 per cento dei casi. Insomma, a volte neanche i professionisti della salute sanno interpretare quelle paroline brevi e misteriose. Ecco perchè la Mdu, che si occupa della difesa dei medici britannici il cui operato è in discussione, avvisa i ‘camici bianchi’ di usare solo abbreviazioni e acronimi ben noti e non ambigui. “Una comunicazione chiara e concisa è essenziale”, sottolinea Sally Old, consulente medico-legale dell’associazione. Specie, sottolinea la Old, quando le cure sono gestite da equipe multidisciplinari. Dello stesso avviso anche Kevin Cleary, della National Patient Safety Agency. “Abbreviazioni su note cliniche, prescrizioni e schede di terapia dovrebbero essere ridotte al minimo. Confondono e presentano rischi per il paziente. Secondo i nostri dati – sottolinea l’esperto – almeno un malato è morto nel Paese, negli ultimi dodici mesi, per ragioni collegate a errori nell’interpretazione di abbreviazioni”.

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