due pazienti agli antipodi

è un mio cruccio: visito un paziente e non riesco a comunicare, generando altresì una reazione di attacco/difesa. Stamattina ho visitato tanti pazienti (almeno 20) uno dei quali mi fa tanti complimenti e l’altra va via ammutolita: me ne rendo conto, vedo che accade ma non so neanche cosa fare per evitarlo, a volte capitano pazienti con i quali, qualunque cosa dici (tenga il collo steso; non si muova) o qualunque domanda fai, qualunque tentativo di approfondire la storia clinica provoca reazione di chiusura bloccando il dialogo (e noto che accade anche con altri medici, per fortuna non sono l’unico).
So che ci sono pazienti – per la storia clinica pesante – più delicati, alcuni sono più sensibili di altri; mi ha minimamente rincuorato vedere che l’intervento del caposervizio non è servito a sciogliere la tensione, il tentativo di comunicare – anche da parte di un altro collega – ha provocato una reazione di fuga vera e propria: Grazie, porta spalancata, scappata via !
Una delle spie è quando il paziente si alza dal lettino e sbircia di soppiatto il nome sul cartellino identificativo (come se il mio nome non fosse poi chiaramente scritto sul referto che consegno a tutti), talvolta capita, lo noto e me ne dispiaccio perchè sentire che il paziente ti vede come un avversario è quanto di più lontano da ciò che vorrei fosse la mia attività professionale  . . . .
Mi rassegno a lavorare – quando accade (uno su 500 / 1000 pazienti – non ho statistiche precise ma in un anno due / quattro volte mi può capitare) – con un senso di amarezza che poi va lentamente stemperandosi man mano che s’avvicendano i pazienti e con tutti gli altri si riesce a dialogare serenamente.

L’antipodico è un paziente quasi ottantenne – ex calciante storico – che ci massacra (me e la collega specialista in formazione che mi affianca) di chiacchiere: esame negativo, non c’ha niente, ma non smette di parlare al punto che anche la collega s’ammutolisce in attesa che esca per poter poi continuare la nostra routine. Mi ha promesso che quando ci si ri-vede (non in ospedale, per carità!) si prende qualcosa da bere 🙂

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