lesione “secondaria”

faccio entrare in ambulatorio una giovane signora alla 31esima settimana di gravidanza.
Richiesta del medico muta, ma mi colpisce il fatto che il richiedente è un oculista: iniziamo a chiacchierare e la paziente mi racconta che da alcuni mesi (era già incinta) ha un deficit visivo monolaterale, gli oculisti la controllano e la ricontrollano fino a che qualcuno dell’equipe decide che forse all’occhio incriminato c’è una lesione e che questa lesione potrebbe esser secondaria, ovvero una localizzazione metastatica di malattia a sede ignota.
Mi rifaccio alle mie precedenti riflessioni sulla comunicazione della diagnosi al paziente ed emetto inappellabile sentenza: chi mai potrà insegnare ad un medico come gestire la comunicazione del sospetto (pesante in questo caso, ancor più pesante in relazione allo stato di gravidanza) al paziente nella sua unicità umana, nella particolare situazione che sta vivendo ?
Di fatto visito (e mando via sollevata, l’esame è nei limiti della norma) questa paziente subito dopo un paziente di quasi 70 anni in buone condizioni psico-fisiche ad eccezione del tumore prostatico (e renale, di cui è stato operato circa un anno fa) con metastasi ossee di cui è affetto da tempo; sembra quasi scherzarci su, è un pò in pensiero per chi dovrà gestire la terapia del dolore e non è d’accordo con il cognato, che lo accompagna, che vorrebbe che si desse una smossa ed andasse a Milano all’IEO.

Quanto differente la storia, diverse le modalità di reagire; come si può pensare di trovare un metodo che vada bene per tutti ?

5 commenti su “lesione “secondaria”

  1. davvero, incredibile ….io non so proprio come facciate a gestire la comunicazione della diagnosi con casistiche così diversificate…e cmq a gestire tali comunicazioni in genere
    un pesante compito…da non saper dove cominciare…
    altro che psicologia…e ve lo chiamano solo lavoro il vostro?

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