Il tetto che scotta della spesa sanitaria

dal corriere della sera (2 novembre 2008) un interessante riflessione sulla spesa sanitaria in tempi di crisi; articolo di Roberto Satolli.

Nei tempi grami si spende meno per tutto, ma c’ è un settore che non conosce mai recessione e continua a crescere. E’ la spesa per la salute, che senza sosta aumenta negli anni magri come in quelli grassi, e che nessuno sembra avere la ricetta per frenare. Nei paesi ricchi assorbe circa l’ 8-9 % della ricchezza nazionale, dove più dove meno (e con l’ eccezione notevole degli USA, dove sta superando il 15 %). Non solo, ma negli ultimi quindici anni è aumentata dovunque più di quanto è aumentato il prodotto interno lordo (Pil), con un ritmo quasi doppio. Ciò significa che le risorse per la salute vanno a erodere la quota di altre voci delle economie nazionali. Di questo passo si arriverebbe al paradosso di assorbire tutto il reddito pro capite per cure, farmaci e simili. Per evitarlo, si dovrebbe porre un tetto invalicabile, e a quale percentuale? Se ne discute un pò in tutti i paesi, e anche sulle pagine del British Medical Journal sono state messe a confronto le opinioni degli esperti su questo tema scottante. Chi sostiene la necessità urgente, soprattutto in questi tempi di crisi, di uno stop all’ aumento della spesa ricorda che questo è l’ unico modo per costringere il sistema a diventare più efficiente. Gli oppositori, invece, non solo temono che i tagli pubblici spostino il carico sulle tasche già provate delle famiglie, ma ricordano che le decisioni in questo settore dovrebbero discendere dalle necessità crescenti di una popolazione che invecchia, non dall’ andamento dell’ economia. Chi amministra con soldi della collettività il sistema sanitario fa il suo dovere a preoccuparsi dei costi che crescono in modo apparentemente inarrestabile. Ma i politici hanno un compito più difficile e devono considerare l’ altra faccia della medaglia. Quello che per le Regioni e le Asl è una spesa, diventa un ricavo per le imprese, pubbliche e private, che forniscono beni e servizi per la salute. In altre parole il “consumo sanitario” contribuisce a generare la ricchezza del paese per una percentuale crescente e a incrementarne l’ occupazione, essendo quello delle cure uno dei settori che assorbe più lavoro in proporzione agli altri. Un settore oltre tutto che, oltre ad incrementare il Pil, dovrebbe avere come risultato principale di fornire beni immateriali e non immediatamente monetari come guarigioni, anni di vita guadagnati, riduzione delle invalidità, benessere fisico e psichico. Forse sta proprio qui il punto. Anziché fissare improbabili tetti allo sviluppo di questo settore economico, ormai strategico per i paesi più ricchi, la politica dovrebbe stabilire e far rispettare regole forti e scientificamente fondate per garantire che ogni euro speso generi davvero miglioramenti di salute e non si traduca invece in puro consumismo sanitario o in medicalizzazione della società. O addirittura, come purtroppo accade sempre più spesso con un capovolgimento paradossale, nel rischio di un danno per la salute.

5 commenti su “Il tetto che scotta della spesa sanitaria

  1. caro dottore, amare gli animali è indice di civiltà. Senza badare agli eccessi, ti potrei far 3000 esempi di sprechi ben più “osceni” che curare un cane/gatto, per citarti ..ma sarebbe sicuramente tempo mal impiegato !
    Ancora una volta ti permetti giudizi di troppo.. che dire di 50 € per una cena slowfood ? ( quando costa poco.. )
    Non è uno spreco??..Dipende dai punti di vista..dirai tu.. ma proprio per questo E’ L’ORA DI FINIRLA CON QUESTI FIN TROPPO SQUALLIDI MORALISMI !

  2. ops, a quale delle tre possibili definizioni ci staremo riferendo ?
    1 dottrina filosofica che considera la legge morale come il principio esplicativo di tutta la realtà
    2 tendenza a considerare i valori morali come preminenti rispetto a tutti gli altri
    3 eccessivo o arbitrario rigore nel giudicare i comportamenti o le azioni altrui | comportamento che si ammanta ipocritamente di moralità, ma che morale non è.

    e per fortuna che non ho rincarato la dose citando la prassi di far ingravidare cani (mi raccomando, solo con il pedigree giusto ) per poi vendere i prodotti del concepimento, a caro prezzo !
    in tal caso, facendo un calcolo approssimativo di qualche centinaio di euro per la monta (bel lavoro, il cane da monta, e ben retribuito!) e poche decine di euro per l’ecografia per controllare quanti eurini (anche migliaia) si guadagneranno dalla vendita, tutto sommato ci sta . . .
    vediamo se mi son guadagnato, a ragione, la n° 3 🙂

  3. ..caro dottore.. ti sei guadagnato solo una gran caduta dia stile.
    Non badi che al freddo e arido aspetto economico della questione.. Ahimè in perfetta linea con le tendenze del momento… c’è veramente poco da ridere.

  4. cara Patrizia
    arrivi sul mio blog accusandomi pubblicamente di squallido moralismo .
    Magari hai ragione, mi sarà comunque consentire di difendermi – sul mio spazio web – rispondendo per le rime e lasciando comunque, nei limiti della correttezza, libertà di risposta.
    Io animali domestici non ne ho e probabilmente, se ne avessi, non penserei a guadagnarci vendendo i prodotti del concepimento.
    Attenzione, quindi, quando si pronunciano accuse pesanti, probabilmente immotivate: sarò anche freddo ed arido ma le cose le vedo . . . .
    Cordialità

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.I campi obbligatori sono contrassegnati *

prenotazione