Ginseng: scarse evidenze di interesse terapeutico e nessuna garanzia di innocuità

L’impiego delle erbe medicinali cresce più di qualsiasi altro trattamento alternativo al farmaco. I medici hanno spesso a che fare con pazienti che consumano regolarmente prodotti erboristici e che non informano il proprio medico curante di questo loro consumo
1. Molti prodotti erboristici presentano effetti avversi e diversi di essi possono interagire con i farmaci
2. Per questo motivo, una storia medica completa del paziente dovrebbe includere domande relative all’impiego di erbe officinali
3. I medici dovrebbero, a tale proposito, acquisire conoscenze in materia sufficienti a dare consigli responsabili ai propri pazienti.Il ginseng è uno dei prodotti erboristici più venduti per i più svariati motivi, tra i quali mantenimento della salute generale e miglioramento delle funzioni immunitarie
4. Come per tutte le sostanze impiegate in fitoterapia, ci si interroga sull’efficacia e sugli eventuali effetti indesiderati di questa pianta.
Con il nome “ginseng” sono note al pubblico soprattutto due specie di questa pianta: la specie cinese (Panax ginseng) e quella americana (Panax quinquefolium).
Il Panax ginseng è una pianta originaria della Cina, della Corea e del Giappone, di cui esistono due varietà (rossa e bianca).
Il ginseng americano si trova in Canada e negli USA. L’Eleutherococcus senticosus, conosciuta anche come ginseng siberiano, è una pianta spesso utilizzata in Occidente al posto del più costoso ginseng cinese.
Della pianta di ginseng si usa la radice che è molto carnosa e che, in virtù della sua forma somigliante al corpo umano, ne ha determinato il nome dal cinese jen shen (radice d’uomo). In fitoterapia si utilizza come decotto ma è comunemente commercializzata anche come polvere, infuso, capsule o compresse. Gli effetti del ginseng sarebbero da attribuire ad alcuni glicosidi (saponine) in esso contenuti: i ginsenosidi e gli eleuterosidi
Ginseng: un solo nome per piante e prodotti differenti
I ginsenosidi sono propri delle piante del genere Panax e vengono usati come marker compound per il controllo di qualità dei prodotti contenenti queste specie, mentre la quantità ed il tipo di ginsenosidi possono essere utili per differenziare tra loro le diverse specie di Panax. Ad esempio: il ginseng americano contiene una piccola quantità di ginsenosidi Rf, ha un rapporto tra ginsenosidi Rg1 e Rb1 inferiore rispetto al ginseng cinese e – conformemente agli effetti di questi ginsenosidi sul sistema nervoso centrale (Rg1 eccitante e Rb1 calmante) – viene considerato più bilanciato e meno stimolante del ginseng cinese.
Il ginseng siberiano viene preparato dalle radici essiccate di Eleutherococcus (o Acanthopanax) senticosus, una pianta che è della stessa famiglia (Araliaceae) ma di genere diverso dalle specie Panax e contiene eleuterosidi, sostanze attive chimicamente differenti dai ginsenosidi.
Gli eleuterosidi B (siringina) ed E sono tra i più abbondanti eleuterosidi presenti in E. senticosus e vengono usati come marker compound per i prodotti a base di questo genere di pianta.
I prodotti in commercio a base di ginseng vengono etichettati in base al genere di pianta e alle sostanze attive che contengono: Panax-ginsenosidi, E. senticosuseleuterosidi e miscugli contenenti Panax ed E. senticosus e quindi sia ginsenosidi che eleuterosidi.
Oltre a queste differenze qualitative è anche da tenere presente la notevole variabilità tra un prodotto e l’altro relativamente alla quantità di sostanze attive presenti.
Le concentrazioni di ginsenosidi possono variare di 15 volte (dallo 0,288 al 4,266 percentuale in peso) nelle polveri e nelle capsule e di 36 volte (da 0,361 a 12,993 g/L) negli estratti liquidi; quelle di eleuterosidi di 43 volte (dallo 0,041 all’1,766 percentuale in peso) nelle polveri fino a più di 200 volte (da 0,027 a 5,509 g/L) negli estratti liquidi.
Uno studio americano, condotto per valutare la variabilità di 25 preparazioni a base di ginseng in commercio, ha riscontrato che spesso le concentrazioni di sostanze attive contenute nel prodotto differiscono in maniera significativa dalle quantità riportate in etichetta. Dei 25 campioni testati nello studio, 11 erano etichettati come contenenti una concentrazione specifica di ginsenosidi ed eleuterosidi; di questi, 5 contenevano una concentrazione di ginsenosidi o eleuterosidi maggiore rispetto a quella riportata nell’etichetta e 6 una inferiore. Le concentrazioni potevano differire dal 10,8% fino al 327,7% rispetto al valore riportato in etichetta
6. Uso tradizionale del ginseng e assenza di evidenze per un possibile impiego terapeutico
Il ginseng è da tempo usato per le sue proprietà sedative, ipnotiche, afrodisiache, antidepressive o diuretiche e viene anche utilizzato per migliorare concentrazione e vigilanza.
Parziale sostegno all’uso tradizionale del ginseng è venuto da alcuni studi recenti che hanno mostrato risultati suggestivi che necessitano tuttavia di ulteriori conferme.
Le attività farmacologiche che sono state ipotizzate per il ginseng sono numerose e variano dalla stimolazione del sistema nervoso centrale alla modulazione del sistema immunitario e dagli effetti metabolici a quelli antitumorali.
Per quanto attiene in particolare all’attività sul metabolismo sembra che il ginseng possa accelerare la lipogenesi epatica ed aumentare l’immagazzinamento di glicogeno determinando un effetto ipoglicemizzante.
In soggetti affetti da diabete mellito di tipo 2 sia il ginseng cinese che quello americano sembrano produrre una riduzione della glicemia e dei livelli plasmatici di emoglobina glicosilata. Per questo motivo, l’uso di ginseng durante il trattamento con insulina od ipoglicemizzanti orali può essere causa di episodi di ipoglicemia5. Un altro studio ha poi mostrato che 3 g di ginseng americano possono attenuare la risposta glicemica ad un carico orale di 25 g di glucosio8; l’effetto è stato osservato in soggetti non diabetici e in pazienti con diabete di tipo 2.
A fronte di questi risultati, che sembrerebbero deporre a favore delle potenzialità terapeutiche del ginseng, occorre tenere presente quanto è stato dimostrato da una revisione sistematica di adeguata qualità che ha incluso 16 studi randomizzati, in doppio-cieco, controllati verso placebo, condotti utilizzando vari tipi di ginseng in differenti condizioni cliniche.
La revisione non ha fornito evidenze in favore dell’uso del ginseng in alcuna delle situazioni considerate.
Inoltre, una revisione non sistematica che ha valutato studi condotti sia sull’uomo che negli animali sull’impiego del ginseng come aiuto ergogenico per migliorare la prestazione fisica10 ha concluso che, anche in questo caso, mancano evidenze convincenti in favore dell’uso del ginseng.
Ginseng e interazione con il metabolismo di alcuni farmaci
Panax ginseng presenta diversi effetti avversi che vanno dall’insonnia, diarrea, sanguinamento vaginale, e mastalgia a forte emicrania, schizofrenia, e sindrome di Stevens-Johnson. L’incidenza di questi eventi risulta essere bassa, anche perché la maggior parte di essi raramente viene segnalata. Da segnalare con particolare attenzione è però l’interazione tra il ginseng e il warfarin, un anticoagulante orale comunemente usato.
Piante come il ginseng possono interagire con farmaci che hanno un indice terapeutico ristretto, come il warfarin. Un case report frequentemente citato ha mostrato una sostanziale diminuzione dell’effetto anticoagulante del warfarin dopo il consumo di ginseng in un paziente precedentemente trattato con warfarin in terapia stabile.
A tale proposito, è stato condotto uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo, il quale ha valutato le interazioni tra ginseng americano e warfarin. Nello studio, della durata di 4 settimane, sono stati arruolati pazienti sani ai quali sono stati somministrati 5 mg/die di warfarin per i primi 3 giorni consecutivi della prima e della quarta settimana. A partire dalla seconda settimana, i pazienti sono stati destinati con assegnazione random a ricevere, per due volte al giorno e per 3 settimane consecutive, 1,0 g di ginseng americano o placebo. Il picco INR è diminuito significativamente dopo 2 settimane di somministrazione di ginseng rispetto a placebo (differenza tra ginseng e placebo: -0,19 [IC 95%: da -0,36 a -0,07]; P=0,0012).
Nel prescrivere il warfarin ai pazienti, il medico dovrebbe sempre chiedere loro se fanno uso di ginseng.
Conclusioni
Le numerose proprietà benefiche attribuite al ginseng ne hanno giustificato l’uso millenario partendo dalla medicina tradizionale cinese fino alla medicina tradizionale, naturale o non convenzionale occidentale oppure all’impiego quale integratore alimentare o semplice prodotto di libera vendita.
Purtroppo, i tentativi fatti per trovare conferma degli effetti terapeuticamente utili del ginseng, mediante studi o revisioni metodologicamente adeguati, hanno prodotto solo evidenze limitate.
Sono emersi, invece, dati preoccupanti sulla possibilità di interazioni potenzialmente pericolose con vari farmaci, in particolare con ipoglicemizzanti o anticoagulanti.

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