Abbronzatura ad ogni costo


visto che l’estate s’avvicina (!) riprendo il tema delle lampade abbronzanti
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Abbronzature caraibiche e incarnati bronzei perenni fuori stagione sono sempre più frequenti; la tradizionale tintarella estiva, che finisce con la fine di settembre, sta lasciando il posto a quella artificiale ottenuta con lampade UV. Le aziende che producono i macchinari sono in crescita come pure i centri solarium onnipresenti in ogni angolo delle città: ogni giorno, due milioni di americani fanno uso di lampade abbronzanti, lettini, docce solari, un’utenza che, negli ultimi 10 anni è quasi raddoppiata fino a 30 milioni. Il tutto in barba o quasi, agli avvertimenti di dermatologi ed esperti, sui potenziali rischi di questa pratica e le conseguenze dannose che ne possono derivare documentate da dati scientifici, che testimoniano l’aumento del rischio di melanoma associato all’esposizione all’UV artificiale e non.
Occasioni speciali
Alcuni ricercatori hanno ipotizzato che dietro questo comportamento potesse esserci dell’altro, qualcosa che rende difficile smettere, un po’ come per il fumo. Anche con l’obiettivo di fornire strumenti in più agli stessi medici per diventare più convincenti nel proporre la prevenzione. L’analisi dei comportamenti è stata condotta su un campione di circa 170 donne che ricorrevano all’abbronzatura artificiale e, in base alla frequenza e alla motivazione, valutate con questionari a punteggi, sono stati delineati tre tipi di schema di comportamento. Un primo profilo, che ricorreva nel 53,6% delle donne circa sui 20 anni, associava l’abbronzatura a un evento speciale, come se il colorito fosse un accessorio di moda da sfoggiare per un’occasione. Un uso, quindi, moderato o basso con media annuale di 12 lampade. Agiscono in modo molto più casuale, spontaneo a volte umorale nel 6% dei casi e sono anche le più grandi come età, 23 anni circa in media. Non sembrano nemmeno troppo convinte dell’utilità dell’abbronzatura ma il fatto che persistano, anche se con una frequenza molto bassa, potrebbe essere parzialmente dovuta all’umore del momento, tanto che i ricercatori hanno pensato che potessero essere soggette a problemi affettivi a cadenza stagionale. Il 30% delle donne mostrava un comportamento misto, cioè una certa determinazione e intenzione a non voler smettere di sottoporsi ad abbronzatura artificiale ma con una frequenza, per quanto alta, una media superiore a 25 volte all’anno, comunque più bassa delle donne che lo facevano con regolarità. In questo gruppo era difficile ipotizzare di convincerle a rinunciare all’abbronzatura a cui probabilmente attribuivano importanza per la propria immagine in ambito sociale.
Le irriducibili della lampada
Le irriducibili dell’abbronzatura a ogni costo avevano l’età media più bassa, 18 anni circa, rappresentavano il 12% del campione e si sottoponevano con regolarità, più di 70 all’anno a lettini, lampade e docce solari. Hanno iniziato da diversi anni e non hanno intenzione di smettere e, per altro, considerano l’abbronzatura artificiale e non, un fattore positivo, tutt’altro che da evitare ma con un atteggiamento quasi ossessivo. Gli esperti suppongono che dietro questi atteggiamenti ci sia una forte componente umorale a giustificare livelli così alti di frequenza e l’espressione di poca soddisfazione del colore ottenuto. Per questi soggetti, gli esperti suggeriscono un approccio che valuti sintomi depressivi o disturbi stagionali della sfera affettiva ed eventualmente avviarli a visite specialistiche o a interventi intensivi che affrontino aspetti legati all’immagine, alla salute e all’umore.
Hillhouse J et al. Patterns of indoor tanning use: implications for clinical interventions. Arch Dermatol. 2007 Dec;143(12):1530-5

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