Terapie “new age” pagate dall’Asl

L’ospedale di Merano come l’MD Anderson di Houston, il più prestigioso istituto per la cura del cancro negli Usa: a partire dai prossimi mesi la struttura altoatesina attiverà un servizio ambulatoriale di medicina complementare per i malati di tumore. Ma sono scoppiate le polemiche: critici i medici nello stesso ospedale, critico l’Ordine dei medici provinciale sia perché è stato stanziato un milione di euro di soldi pubblici sia perché queste medicine non hanno ancora ricevuto prova scientifica definitiva di efficacia. «Chiederemo la massima chiarezza», dice Michele Comberlato, presidente dell’Ordine dei medici. Qualcuno le chiama cure new age, in realtà sono un insieme di terapie complementari (dall’agopuntura alla medicina tradizionale cinese, dall’omeopatia alla fitoterapia, dallamedicina manuale all’osteopatia) che non si sostituiscono alle terapie anti-cancro classiche, ma che si vogliono affiancare con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita del malato. «È un progetto pilota, appena approvato dalla giunta provinciale — spiega Pierpaolo Bertoli, sostituto direttore medico dell’Ospedale di Merano —. Se darà risultati, verrà esteso anche agli altri ospedali della provincia». In Alto Adige l’80% dei malati di tumore già utilizza le cure complementari. «I pazienti pagheranno il 70% del costo e il prezzo sarà controllato — continua Bertoli —. Il servizio sarà in parte finanziato da questi introiti». Replica l’assessore alla Sanità Richard Theiner: «La medicina complementare non rientra nei servizi gratuiti previsti dal sistema nazionale». Se l’iniziativa darà risultati positivi in due anni, il servizio sarà messo a disposizione di chi soffre di altre malattie, come sclerosi e artrite reumatoide. I medici impiegati sono quattro, altrettanti gli infermieri, un fisioterapista e uno psicologo. «Hanno già un’esperienza in questo settore — continua Bertoli—e hanno seguito corsi soprattutto all’estero, in Germania e in Austria». In Italia, la Toscana è l’unica regione che è riuscita a integrare agopuntura, fitoterapia e omeopatia. La Lombardia offriva prestazioni di questo tipo, ma sono state abolite tranne che all’Ospedale Sacco di Milano. «Il futuro è la complementarietà — commenta Antonietta Paola Sparaco, referente dei progetti regionali di medicina complementare al Sacco —. E addirittura con un impegno economicominore per il sistema sanitario nazionale: per l’agopuntura il costo è quello degli aghi». Al Sacco non esistono ancora ambulatori dedicati per agopuntura, omeopatia e medicina ayurvedica. Chi se ne occupa, lo fa nei rispettivi reparti. «Nessuno vuole sostituire la chemioterapia con l’omeopatia—continua Sparaco — ma l’omeopatia può fare molto nel ridurre gli effetti collaterali come la nausea».

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