PSA e cancro della prostata: ancora incertezze

Valori di PSA inferiori a 4 ng/ml non escludono il cancro (Ca) della prostata, come risulta dai confronti bioptici, anche se bisogna riconoscere che la determinazione del PSA ha aumentato drammaticamente il numero di Ca prostatici diagnosticati e rilevati in stadi precoci, localizzati, prima che diano metastasi.
Comunque il valore dello screening col PSA sulla mortalità totale e sulla mortalità per Ca prostatico non è ancora ben definito, come risulta da vari studi, ultimo una metanalisi comprendente anche due ampi studi randomizzati, uno europeo ed uno americano, che hanno dato esiti contrastanti; in sintesi con lo screening mediante dosaggio del PSA la diagnosi di cancro (Ca) della prostata è senz’altro più precoce, ma la mortalità non è detto che sia diminuita. In più bisogna considerare il rischio di un eccesso di diagnosi e di trattamento con pesanti costi sociali e personali, visto che molti carcinomi prostatici sono indolenti e non richiederebbero nessuna terapia.
Al momento, per ridurre il rischio di eccesso di diagnosi si propongono molte procedure, ma nessuna ha ottenuto risultati conclusivi. Un metodo semplice viene suggerito da Vickers e coll., che hanno analizzato in uno studio caso controllo 1.167 uomini di 60 anni cui è stato determinato il PSA nel 1981. Questi soggetti sono stati seguiti fino all’età di 85 anni con l’outcome primario di metastasi o morte per Ca prostatico. I ricercatori hanno riscontrato che i soggetti con PSA uguale o inferiore a 1 ng/ml hanno veramente scarse probabilità di sviluppare un Ca prostatico, tanto da poter essere esentati dai test ripetitivi, mentre soggetti con PSA uguale o superiore a 2 ng/ml, pur avendo assai poche probabilità di ammalarsi, meritano controlli più accurati, considerato che il 90% dei Ca prostatici viene diagnosticato in uomini con PSA tra 2 e 4 ng/ml. In questi pazienti potrebbe essere meritevole approfondire la diagnosi con altri test di recente introduzione, quali per esempio il PCA3. Anche i risultati di Vickers sono comunque indicativi perché, come la Medicina Interna insegna non esiste la malattia ma il malato, e non è detto che pazienti sotto i 60 anni non debbano venir controllati periodicamente e magari trattati con inibitori delle alfa-riduttasi, se ad alto rischio, o che pazienti sopra i 70 anni senza fattori di rischio non possano esser lasciati tranquilli.
i due articoli pubblicati su BMJ 2010 14 sept
Andriole J Screening for prostate cancer;
Vickers: Screening for prostate cancer

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